Secondo il Codice Civile italiano, le differenze tra domicilio e residenza sono definite dall'articolo 43:
Il Codice civile, all'articolo 44, stabilisce che: «Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non è stata fatta una diversa dichiarazione nell’atto in cui è stato denunciato il trasferimento della residenza».
Ciò implica che si può trasferire disgiuntamente la residenza rispetto al domicilio, o viceversa: tutto dipende dalla volontà della persona e dagli elementi materiali (rispettivamente, la dimora abituale ed il centro dei propri affari ed interessi). L’uno segue l’altra soltanto se nella dichiarazione non è diversamente specificato: si tratta, praticamente, delle elezioni, o dichiarazioni, di domicilio per determinate categorie di atti o di rapporti, cui abbiamo accennato nel paragrafo precedente.
La residenza è tendenzialmente più “importante” del domicilio e prevale su di esso in quanto:
Ai fini delle agevolazioni fiscali sulla prima casa, l’elemento essenziale è la residenza, non il domicilio.
Ricordiamo che tra i requisiti necessari previsti dalla legge c’è quello di trasferire la residenza (se non la si ha già lì) nel Comune in cui si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato entro 18 mesi dalla data di stipula del rogito notarile di compravendita, e in tale atto deve essere contenuta un’apposita dichiarazione di impegno. Precisiamo anche che la residenza deve essere stabilita in quel Comune, e non precisamente nell’immobile acquistato con le agevolazioni.
Se non si trasferisce la residenza entro quei 18 mesi, si perdono le agevolazioni già concesse al momento dell’acquisto: l’Agenzia delle Entrate revoca i benefici e chiede il pagamento della differenza d’imposta dovuta (quindi la percentuale risparmiata, ad esempio l’imposta di registro pagata al 2% anziché al 9%, o, se si compra da un’impresa, l’IVA versata al 4% invece che al 10%) più interessi e sanzioni.
Pertanto, avere, o trasferire, il solo domicilio nel Comune in cui si trova l’immobile non è sufficiente per godere delle agevolazioni, e d’altro canto nulla impedisce a chi ha fissato la propria residenza in quel Comune – così rispettando il dettato normativo – di avere, o porre successivamente, il proprio domicilio (o anche più diversi domicili per i propri vari affari) altrove.
In pratica, se hai comprato la tua prima casa con le agevolazioni devi necessariamente trasferire la residenza entro 18 mesi in quel Comune (dopo tale termine puoi anche stabilirla altrove); il domicilio non influisce né sul conseguimento, né sulla perdita, di tali agevolazioni.
Perciò puoi spostare liberamente il tuo domicilio (prima o dopo l’acquisto, e anche durante i suddetti 18 mesi o in un momento successivo al loro compimento) senza timore di perdere il bonus fiscale sull’acquisto della tua abitazione principale.
Per ottenere l’esenzione IMU sulla prima casa – intesa come abitazione principale del contribuente – è necessario avere fissata nell’immobile (e non genericamente nel Comune in cui si trova, come avviene per le agevolazioni sull’acquisto della prima casa che abbiamo esaminato sopra) la propria residenza, ed, inoltre, occorre anche che il proprietario viva stabilmente in quell’abitazione, ossia che essa costituisca la propria effettiva dimora abituale.
In tutto questo, il domicilio non conta: da un lato non serve, perché occorre la residenza anagrafica, e dall’altro non basta, perché è necessaria la dimora abituale (che il domicilio non richiede affatto).
Precisiamo, infine, che se i coniugi hanno residenze diverse in immobili situati nel medesimo Comune l’esenzione IMU vale soltanto per uno, ma se le loro residenze si trovano in Comuni diversi una storica sentenza della Corte Costituzionale, la n. 209 del 2022, consente di avere l’esenzione IMU per entrambi, se ognuno di essi costituisce la sua dimora abituale. Secondo la Consulta, infatti, non si può presumere che un nucleo familiare debba avere un’unica ed esclusiva abitazione principale, perché le esigenze di vita, lavoro e salute possono portare i coniugi a vivere in Comuni diversi. Anche in questa situazione, però, il domicilio non ha alcuna rilevanza.